Qualche settimana fa Google ha accidentalmente pubblicato più di 2500 documenti riservati riguardanti il funzionamento dell’algoritmo di ricerca. Accortosi dell’errore ha provveduto ad eliminarli, ma Erfan Azimi, un esperto SEO e fondatore della EA Eagle Digital, ha intercettato questi documenti e li ha successivamente condivisi con altri due specialisti del settore, Rand Fishkin e Mike King.
È stato evidenziato che Google possiede API interne per i suoi sviluppatori che consentono loro l’accesso alle informazioni acquisite o generate in ciascuna delle fasi operative del motore di ricerca. Il tutto è stato raccolto in un documento consultabile online che rivela dettagli significativi su come vengono classificati e gestiti i contenuti, lasciando presupporre che Google abbia mentito riguardo ai fattori che influenzano il ranking sulla SERP.
Ma quindi, Come Funziona Google?
Le informazioni resi noti dall’ormai famigerato “Google API Leak” sono molte.
Ad esempio, il colosso californiano ha sempre negato l’utilizzo di dati click-centrici per l’attribuzione di “punteggio” nel posizionamento, mentre dai più di 2.500 documenti analizzati, sono emersi particolari sospetti relativi al rilevamento, da parte dell’algoritmo, non solo del numero di click che riceve un link, ma anche del modo in cui gli utenti interagiscono con i contenuti (“goodClicks” e “badClicks”) e a come Google filtra e classifica queste informazioni per determinare pertinenza e qualità di una pagina web.
Altra informazione da tempo sospettata dagli esperti SEO, ma anch’essa sempre negata dalla grande “G”, riguarda il trattamento preferenziale che l’algoritmo riserva ai domini più “anziani” e alle piattaforme di marchi blasonati rispetto a siti più “giovani” di proprietà di brand minori e aziende indipendenti.
Dai documenti trapelati, inoltre, emergono molti altri attributi presi in considerazione da Google; non si evince con chiarezza, però, il “peso” che essi hanno ai fini del posizionamento, rendendo ardua una valutazione completa del loro impatto in SERP.
Ma Google che dice?
Il portavoce Davis Thompson, dopo aver confermato la veridicità dei documenti trapelati, rispondendo con una mail al sito The Verge, ha dichiarato:
“Invitiamo a non fare supposizioni inaccurate sulla Ricerca basate su informazioni fuori contesto, obsolete o incomplete. Abbiamo condiviso ampie informazioni su come funziona la Ricerca e sui tipi di fattori che i nostri sistemi considerano, lavorando anche per proteggere l’integrità dei nostri risultati dalle manipolazioni”.
Sembrerebbe quasi un’ammissione di colpa parziale, con l’intento di attutire il colpo. Tutto abbastanza nella norma.
Come reagire a questa Fuga di Notizie?
Se sei tra quelle persone che fino ad oggi si è sempre impegnata a fondo nel seguire gli aggiornamenti di Google, le sue Newsletter e la miriade di video tutorial presenti su Youtube, dedicando innumerevoli ore all’ottimizzazione SEO del proprio sito o del sito di un cliente, magari investendo anche del denaro in corsi di formazione per ottenere “prestigiose” certificazioni ufficiali, a questo punto sarai un bel po’ inca**ato, vero? 🤬
O magari no, 🤔 perché tu non sei un novizio nel mondo della SEO. 😎
Infatti, gli esperti più navigati in questo settore, non sono stati affatto sorpresi da queste rivelazioni. Molti dei contenuti “segreti” erano già ampiamente discussi nella comunità SEO a livello globale. Per i più, è stato come scoprire l’acqua calda, lasciando però un retrogusto amaro e la sensazione di essere, a volte, dei Don Chisciotte che combattono contro gli “algoritmi a vento”.
Quali saranno le implicazioni per la SEO?
In questi giorni si discute parecchio su come queste nuove informazioni potrebbero influenzare le strategie di ottimizzazione dei contenuti web. Tuttavia, sarebbe bene mantenere un approccio critico nell’interpretarle. Tra i professionisti del settore, continua ad emergere un consenso generale sul fatto che le pratiche SEO fondamentali rimangono valide e invariate, ovvero, creare contenuti di alta qualità, mantenere una buona esperienza utente e seguire le best practice tecniche.
Al limite, si potrebbero utilizzare le recenti rivelazioni come base per nuovi test e sperimentazioni, evitando di prendere ogni dettaglio di questo Google Leak come una verità assoluta.
Sia quelle presenti nei documenti trapelati, che l’introduzione di eventuali nuove metriche di valutazione da parte di Google per misurare la credibilità e l’affidabilità dei siti web è una consuetudine più che prevedibile e logica, considerate quelle che sono le finalità stesse del famoso motore di ricerca.
Volendo fare un ragionamento spicciolo, non serve essere Einstein per capire il succo della questione: Google è “Google” perché offre ai suoi “clienti” (le persone che cercano cose online) ciò che essi vogliono, e per farlo punta sulla qualità. Google non avrebbe nessun interesse nell’ostacolare il lavoro dei professionisti della SEO, perché sono proprio loro che gli permettono di poter garantire ai propri utenti quei risultati di ricerca affidabili e pertinenti che gli hanno consentito di diventare il leader incontrastato dei motori di ricerca online.
Qualcuno potrebbe pensare che, al contrario, quella di non rivelare i criteri di valutazione del suo algoritmo, potrebbe essere una strategia per aumentare il traffico di ADS a pagamento; ma anche questo sarebbe un ragionamento poco pragmatico, perché, se oggi ci sono milioni di aziende e liberi professionisti che investono sulla promozione tramite Google, è proprio perché funziona bene a prescindere da risultati sponsorizzati o organici, ed è utilizzato da praticamente tutto il pianeta.
In buona sostanza, se vuoi essere competitivo online e migliorare il posizionamento del tuo sito web, non ti resta che continuare a lavorare, studiare e sperimentare, magari anche sperando in un atteggiamento più trasparente da chi detiene il monopolio delle ricerche sul web.
Ad Maiora!